Parash? Shelach Lech? – Il percorso di teshuv

Parash? Shelach Lech? – Il percorso di teshuv

Dopo la terribile caduta dei dodici esploratori, che tornarono dalla loro ricognizione in Eretz Israel portando una visione parziale, negativa e limitata della terra promessa.

Resisi conto del loro errore, avendo fatto teshuva ed avendo accettato la punizione di dover girovagare per quaranta anni nel deserto, gli esploratori e l?intero popolo ebraico, che aveva pianto inutilmente dopo le false notizie sulla terra di Israele, si preparano alla guerra dimostrando di voler conquistare Israele. Moshe sa che non sar? una spedizione di successo (Bemidbar 14, 39-45) ed infatti il popolo ebraico subir? perdite ingenti. E? difficile capire il perch? di questa sconfitta dal momento che sia gli esploratori, sia il popolo ebraico avevano vissuto un profondo percorso di teshuva e di pentimento. Read more

Parash? Vaer? – Il percorso della teshuv

Parash? Vaer? – Il percorso della teshuv

E? difficile comprendere come sia possibile che Dio abbia indurito il cuore del Faraone in modo tale da impedirgli ogni possibilit? di pentimento e di ravvedimento. Come ? possibile che Dio, nella sua misericordia e nella sua bont?, non sia pronto ad accettare l?idea di una persona che possa riprendere il proprio cammino verso la giustizia?

Rashi spiega che Dio blocca la teshuv? del Faraone perch? non credeva possibile una teshuv? sincera da parte delle nazioni del mondo e per questo preferisce intervenire con segni straordinari.

Secondo invece l?opinione del Rambam, Maimonide, il Faraone non poteva fare teshuv? a causa dei peccati commessi precedentemente che di fatto erano un ostacolo ad ogni possibilit? di ritorno verso una strada di giustizia e moralit?.

Il Nachmanide, Ramban, offre altre due spiegazioni, una molto simile a quella di Maimonide ed un’altra che pone il Faraone al centro di un progetto che attraverso un invio delle piaghe avrebbe fatto cambiare le opinioni del Faraone per paura e non come scelta morale. Read more

Fare teshuv? su Facebook. Nonostante Facebook.

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Dieci regole su come profittare dei giorni di Rosh HaShan? e Yom Kippur e fare teshuv? usando Facebook in maniera ebraica, senza per questo essere di dura cervice.

1. Non scrivere post offensivi. Quando leggi: ?A cosa stai pensando?? sappi che Facebook non vuole una confessione dei tuoi pensieri e delle tue opinioni sugli altri. Vuole che tu racconti un po? di te senza offendere il resto del mondo. Facebook non ? un palcoscenico, ? un balcone da dove si guarda il mondo e si viene, a nostra volta, guardati.
2. Non devi esprimere ?like? a caso. Cliccando ?like? esprimi il tuo assenso ed il tuo assenso pu? diventare un?arma: dietro ogni tuo ?like? ci sei tu, la tua cultura, la tua storia, il tuo modus vivendi. Non svenderti con un click.
3. Non devi per forza di cose commentare tutto ci? che ti appare in bacheca. Comportati come se fossi a dieta: mangeresti qualunque cosa ti passi sotto il naso? Limita i commenti come fossero bocconi di cibo: la bulimia di interventi, di gruppi, di forum non fa bene a te e non fa bene neanche agli altri.
4. Non lanciare link come fossero dardi o peggio ancora trappole per topi. Scegli, leggi, valuta e poi condividi. Il tuo balcone deve essere armonioso e non una accozzaglia di fiori e colori improponibili.
5. Non taggare il venerd? mezzo mondo augurando: ?Shabbat Shalom? e la domenica l?altra met? del mondo gridando: ?Buona Domenica? ed il sabato sera tutti quelli che non hai taggato esclamando: ?Buon week end.? Sappiamo tutti come ? fatta una settimana, lascia i tag per notizie o foto pi? importanti.
6. Non fotografare ogni cosa che mangi, ogni cosa che compri, ogni attimo di ogni bimbo, cagnolino, canarino, criceto, torta, biscotto, briciola di pane o pizza che ti appartiene e che ? passata per casa tua. E se proprio vuoi fotografare, fallo, ma non pubblicare ogni secondo di ogni attimo della tua vita: lascia agli altri la possibilit? di immaginare il tuo mondo, non donarcelo come se non fosse tuo.
7. Non urlare allo scandalo se qualcuno non ? d?accordo con te, non attaccarlo, inondarlo di parole, di link, di messaggi, di interventi taglienti come spade di samurai e cattivi come i topi di una stiva di un galeone spagnolo del 1600. Stai tranquillo sul tuo balcone, bevi il tuo caff? e se non ti piace quello che hai letto o che vedi, accosta un po? le persiane. Entrer? sicuramente meno luce, ma a volte il sole pu? essere fastidioso.
8. Non usare la ricerca degli amici come una canna da pesca e non eliminare ogni persona che non ? stata in pieno accordo con te o che non ti ha chiesto nell?ultima giornata almeno otto volte: ?Come stai??. Gli amici, anche quelli virtuali, vanno incontrati e non pescati come trote in un barile e per quanto riguarda le attenzioni che non hai avuto, sappi che esiste ancora qualcuno che controlla Facebook un paio di volte al giorno, non di pi?. Accettalo, comprendilo e forse ammiralo.
9. Non collegare sempre i tuoi scritti a YouTube, twitter, instagram, vitagram, milligram?non puoi essere Uno, Multiplo ed in ogni dove. Come ? stato gi? detto: “Sappi che Dio esiste e non sei tu e non ? su Facebook.” Rilassati.
10. Prometti che farai un buon uso di queste regole e prometti che chiederai scusa ad ogni utente di Facebook che negli ultimi dodici mesi hai offeso in un forum, in una chat, sulla sua bachecha, sulla bacheca di un altro oppure twittando, splittando o usando chiss? quale altro mezzo da tastiera. Lancia le tue scuse attraverso tutti i canali di comunicazione a te accessibili e fai in modo che il tuo tempo, da ora in poi sia virtualmente reale e realmente tuo. Non puoi stare sempre in balcone: perdi di vista il fatto che hai una casa, un salotto, una cucina, un bagno e soprattutto una libreria. Sfoglia almeno un libro al mese. E dopo commentalo su Facebook.

Suoni e movimenti tra Elul e Rosh HaShana: lo shofar.

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?Contrariamente a quanto si possa pensare, l’unica mitzv? esplicitamente comandata per Rosh HaShan? ? quella della Tekiat Shofar, del suono dello Shofar, il resto sono usi e minhaghim.

Il nome con il quale la Tor? chiama la festa di Rosh HaShan? ? Yom Teru?, non Rosh HaShan? e nemmeno il Giorno dello Shofar, bens? Yom Teru? che ? proprio uno dei suoni dello Shofar.?

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Il settimo mese, il primo giorno del mese terrete una sacra adunanza; non farete alcun lavoro servile; sar? per voi il giorno dell’acclamazione con la teru? Deuteronomio 29, 1.

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Nella Tor?, quindi, si menziona Rosh HaShan? con il nome di Yom Teru?, Giorno della Teru?, mentre nelle preghiere del Machazor viene chiamato? Yom Hazikkaron, Giorno del Ricordo.

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Rosh HaShan? viene quindi a riportare alla mente ci? che ? dimenticato per questo ? un YOM HAZIKKARON, UN GIORNO DI RICORDO. La maggior parte di noi vive immersa e legata al presente con tutto il peso delle nostre esigenze quotidiane ed immediate. Dimentichiamo spesso il nostro passato ed evitiamo di occuparci del nostro futuro. Per questo motivo esiste il suono dello Shofar la cui prima espressione ? la Teki?: un suono limpido e continuo. Ci insegna la necessit? di una continuit? nella nostra vita. La vita di un uomo si esprime nel legame tra passato, presente e futuro. Un uomo che non pensa al futuro, che non ha aspirazioni, sogni e programmi e che vive tutto il tempo immerso nel passato ? un uomo senza percorsi di vita reale. Yom HaZikkaron rappresenta il legame tra passato e futuro, tra l’esigenza di ricordare e non dimenticare le origini della nostra vita e le nostre aspirazioni ebraiche come non ebraiche.

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I suoni dello Shofar sono tutti segni interrogativi. Chiedono all’uomo: Cosa sei? Come sei? Dice Rambam in Hilch?t Teshuv? 3,3 che il suono dello shofar ci dice : ? Svegliatevi fate un esame delle vostre azioni, fate teshuv? e ricordatevi del vostro Creatore.?

?E la risposte a queste domande sono ?l’essenza del significato di Rosh HaShan?: il giorno nel quale rivediamo quello che abbiamo fatto e ?progettiamo dove vorremo arrivare.

La vita di ogni persona non ? mai caratterizzata da omogeneit? di realt? e momenti: ci ?possono esistere momenti orizzontali e momenti verticali, periodi pi? facili di altri.

I suoni dello shofar possono anche rappresentare acusticamente questi momenti diversi.

La Tekia, una voce chiara, forte, ferma, senza esitamenti e pause…

La Teru? e gli shevarim sono invece totalmente differenti, sono un insieme di suoni spezzati, corti, divisi…proprio come un pianto o un lamento: la voce dello shofar riflette la vita.

Rosh HaShana rappresenta la verit? della realt? del mondo e ci invita a trasformare questa realt? e la nostra stessa vita ebraica in una teki? ghedol?, in una completa armonia.

Ci si potrebbe chiedere: ” Che tipo di mitzv? ? lo Shofar? Lishmoa kol shofar, di ascoltare la voce dello Shofar?? Praticamente una mitzv? passiva: noi ascoltiamo ed un altro suona.

In realt? ? esattamente il contrario: ascoltare lo shofar ? una mitzv? attiva.

E’ un atto positivo quando il Rambam scrive: ?Uru Yeshenim Mitardematechem…Svegliatevi dormienti dal vostro sonno? Intende dire che lo shofar ? come una sveglia per la persona.

Dobbiamo ascoltare il suono dello shofar al di l? delle grida e dei rumori esterni, dobbiamo connettere la nostra anima alla voce dello Shofar.

Perch? in realt? il valore dello Shofar non ? solo quello di essere un suono.

Siamo, durante il suono dello Shofar nel mese di Elul, di fronte ad un gesto arcaico ed antico che accompagna le preghiere delle Selichot, le richieste di perdono e nell?uso spagnolo e portoghese troviamo lo stesso richiamo:

? Uomo perch? dormi? Alzati e urla i tuoi tachanunim! Spargi i tuoi lamenti, Implora il tuo perdono dal Re dei re.?? (Il tuo appello, le tue preghiere di perdono).

Le Selich?t hanno pi? o meno una struttura concettuale che ? questa:

  • Selichah (?????) ?? Perdono. Noi chiediamo perdono…
  • Chatanu (?????) ?? Noi abbiamo peccato, testo che si dice da Rosh HaShan?, ma dipende dagli usi. E comunque si recita fino a Yom Kippur.? Alla fine si recitano i Tredici Atributi di Dio e poi il vidui, la confessione dei peccati, ripetendo il motivo che. “????? ????? ??? ??? ??????”,? Abbiamo peccato nostra Rocca, perdonaci nostro Creatore
  • Techinah (?????) ? Ebraico per richiesta, petizione.Questa selich? in genere appare alla fine del servizio delle Selich?t.

Secondo una maniera schematica simile possiamo tracciare dei punti per arrivare ad una teshuv?, pentimento e ritorno, consapevole:

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  1. Abbandonare il peccato, ????? ????
  2. Rimpianto del passato, ???? ?? ????
  3. Buoni propositi per il futuro, ???? ?? ?????
  4. Confessione, ?????

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La confessione dei propri errori, che in realt? ? una ammissione di colpa contro la fuga dalle proprie responsabilit?, aIl viddui, ha un posto necessario? di? consapevolezza ed ha un posto importante anche nella tefill? pubblica.

E? in ordine alfabetico ed ? al plurale:? una volta gli studenti di Rabbi Itzhak di Vork chesero: perch? il viddui di Yom Kippur ? secondo l?alfabeto? Rispose il Rav: ? Altrimenti non si saprebbe quando si deve finire di confessare, perch? i peccati non hanno fine, ma l?alfabeto s?!?

Per l?ebraismo il viddui tocca punti? profondi dell?animo umano che non fugge dalla responsabilit? per azioni che non erano da commettere.

Dobbiamo ascoltare la nostra anima ed arrivare? al secondo passo spirituale e psicologico della nostra teshuv?: la riflessione sui nostri giorni passati.

Camminando da Elul a Rosh HaShana? al suono dello Shofar, all?ascolto dello Shofar, giungiamo a Yom Kippur. Un passo ed una riflessione alla volta.

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Uno shabbat con il gelato al basilico.

ImmagineIn Calabria, lo scorso Shabbat, ho mangiato un gelato al basilico. Non chiedetemi ricette perch? non potrei n? saprei darne e non ? questo un blog di cucina ebraica. Ma allora perch? citare la presenza del gelato al basilico durante lo Shabbaton calabrese? Perch? forse quell gelato pu? diventare uno strumento interpretative delle nascenti realt? del Sud.

Di fatto un gelato al basilico farebbe pensare a qualcosa di dolce, ad una sorta di fusion tra una crema classica da gelato ed un’aroma al basilico. Sappiate che il gelato al basilico non ? dolce, non chiude la fine del pasto e quindi non ? ci? che ci aspettiamo sia. Un p? come il Sud Italia, storicamente considerato senza presenza ebraica a seguito delle Espulsione Spagnole ed invece in questa generazione ci reserva non poche soprese.

Un gelato al basilico va mangiato con una mozzarella o dei pomodori, come una sorta di gazpacho freddo che condisce ed accompagna piatti estivi. Si tratta di fatto di un esperimento culinario che azzarda l’idea della temperatura ma non quella della composizione dei piatti o dell’abbinamento dei sapori.

Ed anche questo ricorda i piccolo nuclei ebraici del Sud che azzardano l’osservanza delle mitzvoth, Shabbat, kasherut ed altro, nei piccolo numeri e nella lontananza dalle Comunit? ma non stravolgono lo Shabbat o la sua sacralit? trasformandolo in qualcosa di esotico e na?f e non mischiano sapori identitari con altri elementi non ebraici o ebraicamente discutibili.

Il gelato al basilico ? fatto con il basilico. Un prodotto locale, mediterraneo, comune, quasi ovvio. Ovvio come un commento di Rashi, il grande maestro medioevale, che ha insegnato il senso profondo di ci? che abbiamo sempre sotto gli occhi, i versetti del pshat, del senso comune, della lettura pura e semplice della Tor?. Un basilico che ? presente in tutto il Sud Italia, come la antica presenza ebraica, ma che solo la coscienza identitaria e la volont? di ritorno e di teshuv? (seria) possono trasformare da retaggio in quotidiano. Per questo motive ormai non ha pi? senso continuare a ripetere che il 40% per cento dei Siciliani ha radici ebraiche e lo stesso vale per la Calabria, la Puglia, la Campania. Sarebbe come dire che nel Sud Italia c’? il basilico. Certo che c’? ma portarlo nel 5773 in maniera sana e consapevole significa trasformarlo in gelato salato da mangiare con i pomodori.

A volte l’ovvio ? straordinario, come un gelato al basilico mangiato con i pomodori coltivati a Palmi o Vibo Valentia, come uno Shabbat in Calabria, come un commento di Rashi che vide la sua prima stampa in italia il 18 febbraio del 1475 a Reggio Calabria. Il futuro ha sempre radici antiche.