Al centro di questa nostra parash? di Metzora c?? in maniera simbolica e significativa la bocca, il linguaggio, la parola, la giusta o sbagliata comunicazione.
Fonte di grandi berachot, benedizioni, ma anche fonte ed origine della tzaraat, una sorta di malattia epidermica espressione della colpa della maldicenza, la bocca ? l?organo che pi? di ogni altro pu? portare significato alla vita o allontanare da noi ogni benedizione per la vita. Re Salomone nella sua saggezza, nel libro dei proverbi afferma con certezza: ?Colui che sta attento alla propria bocca ed alla propria lingua salva la propria anima dalla tzaarat.? Se quindi nella nostra parash? la tzaarat ? un male fisico, epidermico, legato a precisi sintomi fisici, re Salomone sposta questo disagio ed i conseguenti sintomi fisici interiorizzarli e farli diventare elementi che colpiscono l?anima e non pi? o quantomeno non solo il corpo. Insegnamento, questo, che ? al contempo profondamente arcaico eppure straordinariamente moderno: l?idea che alcuni disagi fisici, alcune sensazioni epidermiche abbiano radici in predisposizioni o atteggiamenti spirituali. Come a dire che tzaarat della pelle in un certo senso trova la propria vera sede di nutrimento e sviluppo nella tzaarat dell?anima.
Spesso questa nostra parash? trova il proprio spazio all?interno della liturgia dello Shabbat nei giorni o nelle settimane che precedono la festivit? di Pesach. In maniera sorprendente se associassimo ad ogni organo del corpo una festivit? ebraica non potremmo non legare Pesach al linguaggio, alla bocca che parla (pe-sach) alla comunicazione. Ed ? significativo che l?idea centrale delle mitzvot fisiche che siamo chiamati ad osservare a Pesach passino per la bocca, passino per una kasherut specifica come quella dello sgombro, del non consumo e dell?annullamento del chametz, il lievitato, e dell?obbligo del cibarsi di matzot, il non lievitato.