Parash? Pekudei ? Il significato dello Shabbat

Parash? Pekudei ? Il significato dello Shabbat

La Torah ci ha gi? offerto due Parashot con le istruzioni date a Moshe da Dio su come costruire il Mishkan. Queste istruzioni sono gi? esaustive e chiare, perch? allora abbiamo bisogno di una descrizione pi? realistica dell?atto di costruzione, visto che dopo il controllo Moshe dichiara che gli Israeliti hanno fatto tutto come comandato dal Signore?

Prima, quando Dio spiega le questioni legate al Mishkan, subito comanda a Moshe di rispettare Shabbat. Questo ci insegna che gli ebrei non costruivano il Mishkan di Shabbat e quindi possiamo da qui estrapolare quali sono le azioni concrete vietate a Shabbat. E quindi cosa veniamo a sapere di nuovo in questa Parash?? Inoltre, nelle Parashot precedenti il precetto di Shabbat compare subito dopo le istruzioni sulla costruzione del Mishkan, perch? qui allora se ne parla subito all?inizio?

Vi ? una discussione riguardo l?ordine cronologico delle diverse parti della Torah. Una delle teorie sostiene che quando Dio ha insegnato a Moshe sul Monte Sinai, prima gli ha spiegato i precetti legati allo Shabbat, e poi gli ha ordinato di costruire il Mishkan, e cos? Moshe ha ripetuto i Suoi insegnamenti, nell?ordine in cui li aveva ottenuti. La seconda teoria sostiene, che la decisione di Moshe di insegnare a Israele sullo Shabbat, prima di dare istruzioni al popolo sulla costruzione del Mishkan, aveva delle motivazioni pedagogiche. Sapeva che parlando al popolo gi? impegnato nei pensieri sulla costruzione del Mishkan, non sarebbe stato ascoltato riguardo ai precetti dello Shabbat. Ambedue le teorie hanno il loro valore e le loro ragioni, ma vi ? qui un insegnamento pi? profondo che dobbiamo imparare.

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Parash? Vayakhel Pekudei – Una unione mistica con Dio

Parash? Vayakhel Pekudei – Una unione mistica con Dio

?E i capi dei popolo portarono pietre d?onice e pietre da incastonare per l?efod e per il pettorale,
aromi e olio per il candelabro, per l?olio dell?unzione e per il profumo fragrante, il ketoret hasamim? (Esodo 35, 27-28).
E? sempre stato difficile comprendere fino in fondo l?offerta dell?incenso che bruciava nel Mishkan ed in seguito nel Mikdash, nel Tempio di Gerusalemme.
Il ketoret bruciava quotidianamente ed una volta l?anno bruciava all?interno del Kodesh haKodashim, il luogo pi? sacro del Tempio.
Si trattava di un rituale che esprimeva un?intima connessione con l?Eterno, una devekuth, una unione mistica con Dio stesso.
Dobbiamo notare che la parola ebraica katar, che vuol dire bruciare, in aramaico ha il senso di ?attaccarsi, legarsi?.
Il senso di questo legame richiama un?unione con Dio che va al di l? di un rito come il sacrificio o l?offerta sull?altare.
Affermano, infatti i nostri saggi: ? Tutte le offerte venivano portate a causa dei peccati o degli obblighi, ma il ketoret era offerto solo per gioia.? (Tanchuma Tetzaveh, 15)
Il ketoret era un?insieme di profumi e fragranze, il suo fumo profumato che saliva verso l?alto simboleggiava una perfetta connessione tra cielo e terra, tra spirito e materia.

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Parash? Tetzaveh ? I luoghi del nostro incontro con Dio

Parash? Tetzaveh ? I luoghi del nostro incontro con Dio

La parash? di Terum? si apre con l?indicazione divina della costruzione del mikdash, un santuario, dove Dio avrebbe avuto, per cos? dire, il suo spazio di residenza in mezzo al popolo di Israele ( Esodo 25,8). Al verso successivo lo stesso comandamento torna a riferirsi alla costruzione di un mishkan (Esodo 25,9) che era il vero e proprio tabernacolo trasportabile nel deserto. Mikdash e mishkan sono quindi il luogo di incontro tra popolo e Dio e sono due elementi ben distinti e con significati diversi.

Il mishkan ? il luogo del movimento, il luogo che il popolo pu? smontare e condurre con s?, ? il luogo che segue l?uomo nel suo camminare, nel suo salire e scendere, sia fisicamente che spiritualmente. Il mishkan ? la ?tenda della radunanza?, la tenda dell?incontro, l?incontro tra l?uomo e Dio attraverso lo studio e la trasmissione della Tor?. Per questo motivo nella parash? di Tetzaveh troviamo un versetto di fondamentale importanza. ??all?ingresso della tenda di convegno, davanti all?Eterno, dove io v?incontrer? per parlare con te.? (Esodo 29,42) Nel mishkan Dio si incontra con tutto il popolo di Israele, ma parla con Mosh?, quel ?te? che ? specificato nel versetto. E cosa significa parlare con te? Rav Dessler z?l ci insegna che in quel contesto ?parlare? significa trasmettere Tor?, perch? lo studio della Tor? significa avvicinarsi a Dio con gioia e con pienezza di significato. Read more

Parashat Acharei Mot – La forza di ricominciare

di Rav Yehoshua Ellis

La morte dei figli di Aronne, evento che d? il nome alla nostra Parash? di questa settimana, ? avvenuta nella Parash? Shemin?, due Parashot fa, allora perch? la Parash? di questa settimana porta il titolo “dopo la morte dei figli di Aharon”? Il testo che unisce la Parash? Shemin? alla nostra Parash? non ha nessuna narrazione, si pu? quindi dedurre che le indicazioni date da Dio a Mos? queste settimana, siano state date subito dopo la morte dei figli di Aronne. Nel Talmud Babilonese, Masechet Pesachim, leggiamo del dibattito tra i Rabbini e Rav Shimon Ben Gamliel, su quanto prima di Pesach si debba cominciare a studiare le regole della festa. Rav Shimon sosteneva che si dovesse cominciare due settimane prima della festa, il resto dei rabbini – un mese prima. Indipendentemente da chi avesse ragione, vediamo che lo studio delle regole e procedure legate alla festa, si iniziano non prima di un mese prima.

Nadav e Avihu (figli di Aronne) morirono durante la santificazione del Mishkan, il primo giorno del mese di Nissan. Yom Kippur, descritto nella Parash? di questa settimana, cade il 9 del mese di Tishrei. Tra queste due date vi ? un mezzo anno di differenza. Significa quindi che l’indicazione data in questa Parash? ? stata espressa come minimo 5 mesi dopo la morte dei figli di Aronne, allora perch? viene ricordata proprio ora?

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Parashat Vayakhel – I due volti della vita umana

di Rav Eliahu Birnbaum

Questa parash? comincia con un riassunto delle regole relative alla costruzione del Mishkan, il santuario ebraico nel deserto. Sorprende che la prima mitzv? che viene menzionata sia niente meno che quella dell?attenzione allo Shabbat, la proibizione del lavoro nel giorno settimanale di riposo.

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Il Mishkan aveva lo scopo di essere un centro spirituale, doveva essere lo spazio sacro che accompagnava Israele ovunque il popolo si trovasse. Lo Shabbat, d?altro canto, era il lasso di tempo destinato settimanalmente al sacro.

La Tor? pone varie eccezioni alle proibizioni sabbatiche: lo Shabbat pu? essere profanato in ogni caso per salvare una vita umana e le sue regole sono posticipate per esempio di fronte alla sacralit? superiore dello Yom Kippur. Potrebbe essere logico credere che, per accelerare la costruzione del santuario sarebbe stato anche permessa la profanazione dello Shabbat, considerando che Shabbat e Mishkan condividono una identica missione: elevare l?uomo a Dio. La Tor? insegna invece ci dice che il Mishkan non deve essere costruito di Shabbat e che una mitzv? non annulla un?altra, che una missione sacra non giustifica mezzi profani. In definitiva, in questa parash? ci viene insegnato che il fine non giustifica i mezzi e che il bene pu? trasformarsi in male quando i mezzi per raggiungerlo non sono giusti, onesti, coerenti con tutto il corpo morale e normativo ai quali la vita si deve attenere.

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Parashat Tetsav? – Cos?? un Tempio se non una concessione di Dio alle necessit? dell?uomo?

di Rav Eliahu Birnbaum

Non ? irrilevante, in un?epoca nella quale non abbiamo il Bet HaMikdash, studiare i particolari della Tor? circa la costruzione ed il funzionamento del santuario. Il concetto ebraico riguardante il santuario ? inevitabilmente legato alla concezione ebraica del ?luogo?: il luogo nel quale si offre ci? che si possiede, uno spazio sacro nel quale ci si consacra per quello che si ?. Al di l? della distanza storica e, conseguentemente, psicologica che ci separa dal Mishkan e dalle regole relative alle offerte ed ai sacrifici, ? necessario studiare il Mishkan, il santuario che i nostri antenati hanno costruito nel deserto, perch? quelle pagine della tor? contengono una infinit? di insegnamenti che conservano intatto il loro valore fino ai nostri giorni.

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Il Mishkan non era solo il centro della convergenza delle offerte rituali, bens? il fondamento della memoria del popolo. Un centro spirituale il cui scopo e la cui missione erano quelli di mantenere viva nel popolo di Israele la coscienza dei suoi legami e degli obblighi acquisiti ai piedi del monte Sinai. Il Mishkan era un santuario che il popolo portava con s? ovunque si recasse. Non ? Dio a richiederlo ma sono gli uomini, perch? sono stati loro a costruirlo quale strumento di comunicazione tra ci? che ? puramente spirituale e l?esistenza quotidiana, umana, temporale.

Il Mishkan ? una concessione di Dio alla natura dell?uomo: Colui che ci ha redenti ha concesso alle nostre debolezze un elemento che ci ricordi i nostri obblighi trascendentali.

Il Mishkan include, a sua volta, quasi tutti gli elementi che ritroviamo nello spazio chiuso di una casa: un tavolo, un arca o armadio, un lavabo, un candelabro?; tutto, al di fuori degli spazi e degli elementi nei quali risposare, ? comune sia all?arredo di una casa qualunque che alla ?Casa? di Dio. Questa similitudine ci insegna che ogni casa, ogni abitazione, deve e pu? ? nella concezione ebraica -?? tendere ad imitare un santuario. Il ?baal habait?, il padrone di casa deve fare in modo che la sua casa abbia lo stesso grado di purezza, di spiritualit?, di propensione alla giustizia, etc. del Mishkan. All?inverso l?equiparazione fisica tra il santuario e la comune dimora ci insegna che l?uomo pu? e deve sentirsi nel Mishkan come se fosse a casa propria.

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