Centoventuno tra uomini, donne e bambini si sono uniti alla fede ebraica lo scorso mese, in un lontano paese meglio conosciuto per un film della Disney che come luogo di rinascita ebraica.
Nell’arco di dieci giorni, a maggio 2016, vi ? stata una importante trasformazione della nascente comunit? di Ebrei del Madagascar, che hanno fatto la loro conversione ortodossa tra la foresta tropicale, i lemuri e i camaleonti grazie ai quali il paese ? famoso.
I membri della comunit?, che vanno dai 3 agli 85 anni di et?, sono venuti ad Antananarivo, capitale del Madagascar, per sedersi davanti a un beit din, una corte rabbinica composta da tre rabbini ortodossi: Rav Oizer Neumann di Brooklyn, Rav Pinchas Klein di Filadelfia e Rav Achiya Delouya di Montreal.
Rav Delouya ? originario del Marocco, cosa che lo ha aiutato a comunicare con i nuovi Ebrei in francese (seconda lingua ufficiale del Madagascar).
Dopo il beit din, gli Ebrei del Madagascar hanno viaggiato per 90 minuti per arrivare al fiume pi? vicino per potere fare un mikv? improvvisato. A questo ? seguita la chupp? per 12 coppie che hanno voluto prolungare l’atmosfera di gioia e festa, risposandosi secondo la tradizione ebraica.
E’ stata una bellissima conclusione per il viaggio di sei giorni per questo gruppo di malgasci, un ramo di una comunit? probabilmente ancora pi? numerosa di “segreti” Ebrei Nascosti in Madagascar.
Mentre molti malgasci sostengono di discendere da una delle Dieci Trib? Perdute, una storia pi? recente risale al XVII secolo, quando dei mercanti musulmani, discendenti di ebrei costretti alla conversione all’islam, si stabilirono sul lato orientale dell’Isola; e un’altra storia parla di come gli Ebrei in fuga dall’Inquisizione nel Cinquecento, si sarebbero potuti mischiare tra i marinai portoghesi arrivando all’isola della vaniglia, del caff?, e dell’ilang-ilang.
Il Madagascar ? innanzitutto cristiano – circa il 50% della popolazione pratica diverse forme di cristianesimo; un altro 7% ? musulmano. Tuttavia, un articolo sul sito di??JTA?riporta di come i malgasci sostengano di essere all’80% popolazioni con radice ebraica. Questo include il principe Ndriana Rabarioelina, un discendente della monarchia Merina, che con orgoglio afferma la sua discendenza ebraica.
Simboli ebraici, lettere ebraiche e segni di un passato ebraico si trovano in tutta l’isola.
Sulla “sacra pietra” di?Alakamisy-Ambohimaha, vi sono lettere ebraiche. Molti malgasci giurano che gli utensili di Mos? e e dei frammenti delle Tavole con i Dieci Comandamenti sono nascosti sull’isola. Un gruppo noto come “Aaroniti” (fratelli di Mos?), praticano della forme di sacrificio di animali secondo le regole del Levitico. Un presentatore televisivo ha preso il nome ebraico di David Mazal. “Ho trovato le mie radici?Am Israel Chai – la gente di Israele vive”, ha detto a JTA.
I membri della comunit? vestono con modestia, osservano le leggi della nid? (purit? della famiglia) e fanno del loro meglio per mangiare casher, ma non avendo un macellaio casher o tradizioni di schechita, gran parte di loro ? vegetariana.
Circa altre 100 persone aspettano di convertirsi con il prossimo Beit Din.
Il Madagascar ha avuto un diverso significato nella storia dell’ebraismo: i nazisti lo avevano pensato come luogo di esilio per gli Ebrei europei, visto che era l’isola controllata dal governo Vichy, la quarta isola per grandezza del mondo, dove sarebbero potuti essere massacrati. Il progetto non venne mai attuato.
William FS Miles ha visitato il Madagascar bel 2015 parlando della comunit? per?The Jerusalem Report, ponendosi anche diverse domande di ordine politico. Ha visitato anche Mananzara, casa della comunit? Aaronita, dove gli ? stato detto che “Gli antenati israeliti arriveranno con le canoe?trasportate da onde e correnti divine”.
A quanto tempo fa risale la tradizione ebraica del Madagascar? Forse non lo sapremo mai. Ma per i 121 convertiti all’ebraismo si tratta innanzitutto di guardare al futuro.
How far back does Madagascar?s Jewish tradition go? We may never know. But for the 121 new converts to Judaism, it?s all about looking to the future.
Photo credit: Jean-Pierre Malavialle