“Un bambino ? orfano quando non ha i genitori in vita. Una nazione quando non ha con s? i suoi figli.” Questo ? uno dei meravigliosi insegnamenti che ci ha lasciato il rebbe di Ponevezh. Questa ? la tragedia che stiamo vivendo in ogni casa, strada, angolo di vita dello Stato di Israele e di tutta la Diaspora Ebraica. Almeno di quella Diaspora cha sento quello che sente il popolo ebraico della terra di Israele: la necessit?, la necessit? fisica e spirituale di mettere da parte ogni differenza perch? il dolore che stiamo provando ? enorme e toglie il fiato. Toglie il fiato ad ogni pensiero politico, ad ogni analisi tattica, ad ogni ideologia. E’ il tempo del dolore il nostro, il tempo del dolore e della riflessione, del lutto e della volont? che non ci sia mai pi? un lutto del genere per il nostro popolo. Perch? chi rapisce ed uccide tre adoloscenti, chi sostiene un Palestina libera ed ipotizza che tre ragazzi sono coloni e possono essere uccisi da movimenti di “resistenza”, chi crede che si tratti di un ennesimo momento di tensione tra Israele e Palestina, non ha capito nulla di quello che stiamo vivendo. Noi ebrei di Israele siamo la cartina al tornasole della libert? del mondo. Siamo una piccolo striscia di carta, un piccolo popolo su una piccolo terra che per? ? misura del senso democratico e del diritto del mondo. Noi siamo le ragazze nigeriane rapite dalla stessa violenza folle, noi siamo le donne violentate in Egitto, noi siamo i siriani massacrati nel silenzio, noi siamo le chiese bruciate in Africa. Noi siamo la prima linea di un Occidente troppo sicuro delle proprie libert? e troppo ottuso per non capire che le sue libert? passano per le nostre. Troppo superficiale per comprendere ?che se i nostril figli vengono rapiti ed uccisi, i nostril turisti massacrati in un Museo di Bruxelles, ?i nostril bambini trucidati mentre entrano a scuola a Tolosa questo significa la morte dell’Occidente e dei valori che con fatica abbiamo conquistato. Con l’assasinio di Gilad, Naftali e Eyal sono stati assassinati i diritti delle donne, delle minoranze religiose, delle differenze sessuali, delle differenze politiche. Hamas non ? un nemico di Israele. Hamas ? la frontier di un buio che ? alle porte delle nostre libere societ?. A noi la scelta: se aspettare che il coccodrillo mangi prima gli ebrei, le donne, i gay, i cristiani di questa regione, sperando che prima o poi sar? sazio e non mangi l’Occidente, oppure agire e sentire che i nosti figli, sono i figli del mondo e le nostre libert? sono le libert? del mondo. Anche del mondo palestinese, che non potr? mai essere “free” se resta in ostaggio di Hamas e delle follie che lo sostengono. Quelle follie che? alcuni attivisti pro Palestina? celebrano facendosi fotografare davanti ad un forno ricordando con gioia i crematori di Auschwitz o?altre follie?come quelle di chi continua a sostenere che i tre ragazzi erano coloni e che erano scomparsi, non rapiti e che la loro morte ? tutta da stabilire. Ed intanto il coccodrillo mangia sereno.
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“A child is an orphan when he has no parents. A nation is an orphan when it has no children.” The Rebbe of Ponevezh. May all the children of Israel be safe.