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Sono iniziate, dopo il digiuno del 17 di Tamuz, le tre settimane di lutto che ci obbligano a ricordare ed a ripercorrere, attraverso diversi minhaghim e tristi gesti, il periodo tra le ?ristrettezze? ben hametzarim, secondo l?espressione del profeta Geremia 1,3.?
Ristrettezze che storicamente calcano i passi della distruzione del Tempio di Gerusalemme avvenuta il 9 di Av, cos? come il ricordo e le conseguenze della cacciata degli ebrei dalla Spagna. Che senso ha ripercorrere quegli avvenimenti ed attualizzarli ogni anno con minhaghim stabiliti per momenti storici accaduti migliaia di anni fa? La nostra storia in queste ultime generazioni ci ha offerto il ritorno alla terra di Israele, la liberazione di Gerusalemme, la costituzione di una libert? politica collettiva che mai avremmo pensato prima. Che senso hanno queste settimane di lutto? Eppure?queste tre settimane,? viste da Gerusalemme, ci suggeriscono riflessioni diverse sul concetto di Redenzione e Diaspora.
L?idea della Redenzione ? un concetto centrale dell?Ebraismo che non si ferma alla sola liberazione fisica o redenzione politica, peraltro parziale, del popolo ebraico.? Proprio perch? non ? qui in discussione una liberazione fisica, le tre settimana ben hametzarim assumono una dimensione concettuale importante.
La Diaspora non ?, dal punto di vista storico, una condizione normale per il popolo ebraico n? nella sua origine?n? nella sua ?nascita. Dopo le distruzioni dei due Templi, ad opera dei Babilonesi prima e dei Romani poi, la Diaspora ? divenuta una componente essenziale della nostra identit?, recepita talmente profondamente da divenire norma e?da essere vissuta come luce quando ? di fatto un prodotto del buio della distruzione.
Una distruzione che si richiama ad elementi fisici e guerre reali ma le cui conseguenze dopo millenni possono essere anche molto lontane dal mondo fisico.? La vita in Diaspora, una Diaspora che essendo identitaria coinvolge anche Israele, proprio perch? da millenni distoglie lo sguardo ebraico dalla realt?, diminuisce il nostro?potenziale umano che invece dovrebbe saper distinguere nettamente elementi negativi da quelli positivi.
Un potenziale che ebraicamente parlando e volendo entrare nella realt? ebraica italiana si perde in molti dei conflitti che affliggono troppe tra le nostre comunit?, istituzioni, circoli culturali ed altri luoghi di incontro. Proprio questa ?diaspora da se stessi? questa sorta di lontananza dalla radice della nostra stessa identit? ebraica, unit? ebraica nella diversit?, senso di appartenenza e identificazione nazionale ( mai nazionalista!) ? fonte di ?odio gratuito? sinat chinam, il sentimento negativo che pi? di ogni altro ? stato causa e fonte dei mail che ricordiamo in queste tre settimane tra il mese di Tamuz ed il mese di Av. Proprio l?odio gratuito? ha trasformato la nostra identit? in un peso anzich? in un modus vivendi naturale ed ha creato un diffuso sentimento di ?trincea? in molti ambiti ebraici, italiani come israeliani o americani. L?altro, colui che ha una opinione diversa, una idea diversa, una diversa espressione della propria ebraicit? o peggio ancora una approccio halachico diverso (ma legittimo) viene visto da una trincea difensiva, con armi in pugno, in una logorante attesa di battaglia come nella guerra del 1915-1918. La Diaspora storica ? quindi penetrata nelle nostre persone, nelle nostre realt? quotidiane da molti secoli e ci ha reso, spesso, estranei a noi stessi ed estranei al nostro popolo, anche quando viviamo vite ebraicamente degne di questo aggettivo. In questa prospettiva tutti gli usi legati al lutto che mettiamo in pratica tra il digiuno del 17 di Tamuz ed il digiuno del 9 di Av provano a ricordare ad ogni ebreo che noi viviamo in Diaspora, che noi nutriamo la Diaspora e che noi sosteniamo la Diaspora, ovvero la Lontananza, ogni volta che non riconosciamo in noi stessi e negli altri una legittima appartenenza ebraica, nella legittima diversit? ebraica. Questi giorni di lutto ci accompagnano verso un orizzonte di unit? e di condivisione identitaria proprio perch? storicamente ci ricordano le divisioni e le guerre fratricide tra ebrei che hanno portato alla dispersione, alla distruzione, alla perdita della centralit? dell?Ebraismo dalla nostre vite il cui simbolo ? proprio il Bet HaMikdash perduto, luogo centrale della spiritualit? fino al 70 dell?Era volgare. Ma se, come ? vero, che la Shechin?, la presenza Divina, ? uscita in Esilio con noi, sta? a noi riportare a casa la Shechin? riportando a casa noi stessi, una casa dove l?Esilio di un popolo in conflitto diventi Esilio di un popolo in dialogo con se stesso, un dialogo che se veramente tale pu? cambiare l?Esilio in appartenenza reciproca ed a questo punto il Ritorno sar? inevitabile>