Genesi 44

Di Menachem Feldman
La terribile carestia port? dieci dei figli di Giacobbe davanti al vicer? d’Egitto per acquistare il pane. Il vicer?, che, a loro insaputa, era il loro fratello Giuseppe che vendettero come schiavo, li accus? di essere spie e chiese che portassero il loro fratello Beniamino in Egitto. Prima che Joseph rivelasse la sua identit? ai suoi fratelli, incastr? Benjamin piantando il suo calice d’argento nella borsa di Benjamin e accusandolo di furto. Judah si alz? per Benjamin, chiedendo che lui stesso fosse punito invece di Benjamin. Giuseppe poi rivel? la sua identit? ai suoi fratelli e la famiglia allargata si riun? a Giuseppe in Egitto.
L’intesa convenzionale ? che l’intero complotto di Giuseppe e dei suoi fratelli serve a spiegare come il popolo ebraico ? venuto a vivere in Egitto e come alla fine ? diventato schiavo degli egiziani. La lettura cabalistica ? esattamente l’opposto. Ogni passo compiuto da Giuseppe fu, in realt?, spianando la strada, non per l’eventuale schiavit?, ma piuttosto per la fortificazione spirituale degli ebrei in esilio, che alla fine avrebbe portato alla redenzione.
Dal punto di vista mistico, affinch? i loro discendenti sopravvivessero al duro esilio, i fratelli di Giuseppe, che erano i capi delle trib? d’ Israele , dovettero subire l’oppressione e le accuse del monarca egiziano, che era, in verit?, loro fratello in travestimento. Quando il popolo ebraico, come i suoi antenati prima di loro, si sarebbe sentito soggetto al monarca egiziano, avrebbe ricordato la storia di Giuseppe e si sarebbe reso conto che c’era una realt? pi? profonda in gioco. Il monarca oppressivo era in realt? il loro “fratello”, che alla fine avrebbe portato loro beneficio. L’esilio era un processo che li avrebbe raffinati e portati a una grande ricchezza materiale e spirituale.
Oltre alla sottomissione fisica, l’esilio ha anche una dimensione spirituale. Quando siamo in esilio, non siamo nel nostro ambiente naturale. Stiamo vivendo una vita che non ? coerente con il nostro nucleo interiore. La nostra naturale consapevolezza intrinseca di Dio e la connessione con la spiritualit? della nostra anima interiore ? compromessa, poich? le nostre emozioni e aspirazioni sono dirette esclusivamente alla nostra sopravvivenza fisica.
Giuseppe confer? al popolo ebraico il potere di superare il torpore spirituale che ? l’esilio.
La Torah descrive come Giuseppe aveva inquadrato Benjamin:
Quindi comand? al sorvegliante della sua casa, dicendo: “Riempi i sacchi degli uomini con il cibo, quanto possono trasportare, e metti il ??denaro di ciascuno nella bocca del suo sacco. E il mio calice, il calice d’argento, metti nella bocca del sacco del pi? giovane e del suo denaro d’acquisto. ” E fece secondo la parola di Giuseppe che aveva detto. 1
Secondo i mistici, il calice d’argento rappresenta l’amore e la gioia appassionati. La parola ebraica per argento ( kesef ) ? la stessa parola che significa “desiderio” e “desiderio”. Il calice contiene vino, che, come dice il verso, porta gioia al cuore dell’uomo. 2
Il fatto che Joseph abbia messo il calice nel sacco di Benjamin ci autorizza a renderci conto che nascosto dentro di noi c’? un “calice di vino”, la capacit? di avere una relazione amorevole e gioiosa con Dio. Joseph ci ricorda che possiamo dissipare l’oscurit? dell’esilio cercando i serbatoi nascosti di emozioni positive piantate dentro di noi. Quando scopriamo il calice e assaggiamo il vino, l’esilio spirituale si dissolve, aprendo la strada anche alla redenzione fisica. 3
NOTE A PI? DI PAGINA
1-Genesi 44: 1 -2.
2.Salmi 104: 15 .
3.Adattato da Or HaTorah, Bereishit VI, p. 2206.
https://www.chabad.org/parshah/article_cdo/aid/4970978/jewish/Why-Joseph-Framed-Benjamin.htm